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sábado, 6 de março de 2010

I Due Foscari (X)

A segunda cena do 3ºacto começa com o Doge no seus aposentos chorando a partida do filho enquanto Lucrecia lhe vem dizer que o filho tinha morrido.

Afinal o verdadeiro culpado havia confessado e crime e o seu filho tinha morrido em vão
Depois dela sair aparece o Concelho dos Dez que pede ao Doge para abdicar.

DOGE:
Egli ora parte! . . . Ed innocente parte! . . .
Ed io non ebbi per salvarlo un detto! . . .
Morte immatura mi rapia tre figli!
Io, vecchio, vivo
per vedermi il quarto
tolto per sempre da un infame esilio!

Oh, morto fossi allora,
che quest'inutil peso
sul capo mio posava!
Almen veduto avrei
d'intorno a me spirante i figli miei!
Solo ora sono! . . . e sul confin degli anni
mi schiudono il sepolcro atroci affanni.



DOGE:
Barbarigo, che rechi!

BARBARIGO:
Morente
a me un Erizzo inviò questo scritto.
Da lui solo Donato trafitto
ei confessa, ed ogn'altro innocente . . .

DOGE:
Ciel pietoso! Il mio affanno hai veduto!
A me un figlio volesti reso!


LUCREZIA:
Ah, più figli, infelice, non hai.
Nel partir l'innocente spirò . . .

DOGE:
Ed il cielo placato sperai!
Me infelice! Più figlio non ho!


LUCREZIA:
Più non vive! L'innocente
s'involava a'suoi tiranni;
forse in cielo degli affanni
la mercede ritrovò.
Sorga in Foscari possente
più del duolo or la vendetta . . .
Tanto sangue un figlio aspetta,
quante lagrime versò.




Entra un servo)

SERVO:
Signor, chiedon parlarti i Dieci . . .

DOGE:
I Dieci!
(Che bramano da me? . .)
(al servo che esce)
Entrino tosto.
A quale onta novella
mi serbano costoro?

DOGE:
O nobili signori, che si chiede da me? . . .
V'ascolta il Doge.


LOREDANO:
Il Consiglio convinto ed il Senato,
che gli anni molti e il tuo grave dolore
imperiosamente
ti chieggono un riposo, ben dovuto
a chi tanto di patria ha meritato,
dall cure ti liberan di Stato.

DOGE:
Signori? . . . ho ben intesto?

LOREDANO:
Uniti or qui ne vedi
a ricever da te l'anel ducale . . .

DOGE (alzandosì impetuoso)
Da me non l'otterrà forza mortale! . . .
Due volte in sette lustri,
dacché Doge io sono, ben due volte
chiesi abdicare,
e mel negaste voi . . .
Di più . . . a giurar fui stretto . . .
che Doge morirei!
Io, Foscari, non manco a' giuri miei.

CORO:
Cedi, cedi, rinunzia al potere
o il Leone t'astringe a obbedir.

DOGE:
Questa dunque è l'iniqua mercede,
che serbaste al canuto guerriero?
Questo han premio il valore e la fede,
che han protetto, cresciuto l'impero?
A me padre un figliuolo innocente
voi strappaste, crudeli, dal core!
A me Doge pegli anni cadente
or del serto si toglie l'onor!

CORO:
Pace piena godrai
fra tuoi cari;
cedi alfine, ritorna a' tuoi lari.

DOGE:
Fra miei cari? . . . Rendetemi il figlio:
Desso è spento . . . che resta?

CORO:
Obbedir.

DOGE:
Che venga a me, se lice.
la vedova infelice . . .

A voi l'anello . . . Foscari
più Doge non sarà.

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