Na sala do conselho, fala-se dos crimes de que Jacopo é acusado, e que são reveladores de assassínio e traição contra o Estado
CORO I:
Che più grave; si tarda?
CORO II:
Affrettisi ormai questa partenza.
CORO I:
Inulte l'ombre fremono,
ne accusan d'indolenza.
CORO II:
Parta l'iniquo Foscari . . .
Ucciso egli ha un Donato.
CORO I:
Per istranieri principi
l'indegno ha parteggiato.
TUTTI:
Non fia che di Venezia
ei sfugga alla vendetta . . .
Giustizia incorruttibile
non fia qui mai negletta!
Baleni, e come folgore
punisca il traditor;
mostri ai soggetti popoli
un vigile rigor.
O Doge entra seguido pelo filho que continua a protestar a sua inocência. Mas o Doge não o escuta. Aparece em seguida Lucrezia que traz consigo os filhos numa última tentativa de obter clemência. Mas a clemência não é concedida.
DOGE:
O patrizi . . . il voleste . . .
eccomi a voi . . .
Ignoro se il chiamarmi ora in Consiglio
sia per tormento al padre,
oppure al figlio;
ma il voler vostro è legge . . .
Giustizia ha i dritti suoi . . .
M'è d'uopo rispettarne anco il rigore . . .
Sarò Doge nel volto,
e padre in core.
CORO:
Ben dicesti.
Il reo s'avanza . . .
DOGE:
(Dona, o ciel, a me costanza!)
(Jacopo entra fra quattro custodi)
LOREDANO:
Legga il reo la sua sentenza.
(Dà una pergamena al Fante, che la consegna a Jacopo, il quale legge)
Del consiglio la clemenza
or la vita ti donò.
JACOPO: (restituisce la pergamena)
Nell'esilio io morrò . . .
Non hai, padre, un solo detto
pel tuo Jacopo reietto?
Se tu parli, se tu preghi,
non sarà chi grazia neghi . . .
Pregar puoi; sono innocente;
il mio labbro a te non mente.
CORO:
Non s'inganna qui la legge,
qui giustizia tutto regge.
DOGE:
Il Consiglio ha giudicato;
parti, o figlio, rassegnato.
(S'alza, tutti lo imitano)
JACOPO:
Mai più dunque ti vedrò?
DOGE:
Forse in cielo, in terra no.
JACOPO:
Ah, che di'? Morir mi sento.
LOREDANO: (ai custodi che gli si pongono al fianco, e si avviano)
Da qui parta sul momento.
(Lucrezia Contarini si presenta sulla soglia coi due figli, seguita da varie dame sue amiche e dalla Pisana)
LUCREZIA:
No . . . crudeli!
JACOPO:
Ah, i figli miei!
(Corre ad abbracciarli)
DOGE, BARBARIGO, CONSIGLIERI e FANTE:
(Sventurata! . . . Qui costei!)
LOREDANO, DOGE, BARBARIGO, CONSIGLIERI:
Quale audacia vi guidò?
JACOPO:
Miei figli! Miei figli!
(Prende i due fanciulli piangenti, e li pone in ginocchio ai piedi del Doge)
Queste innocente lagrime
ti chiedono perdono . . .
A lor m'unisco, e supplice
a' piedi del tuo trono,
padre, ti grido, implorami,
concedimi pietà.
LUCREZIA: (ai Consiglieri)
O voi, se ferrea un'anima
non racchiudete in petto,
se mai provaste il tenero
di padri e figli affetto,
quelle strazianti lagrime
vi muovano a pietà.
BARBARIGO: (a Loredano)
Ti parlin quelle lagrime,
o Loredano, al core;
quei pargoli disarmino
l'atroce tuo furore;
almeno per quei miseri
t'inchina alla pietà.
LOREDANO: (a Barbarigo)
Non sai che in quelle lagrime
trionfa una vendetta,
che qual rugiada scendono
al cor di chi l'aspetta,
che per gli alteri Foscari
sentir non vo' pietà?
CONSIGLIERI: (alle dame)
Son vane ora le lagrime;
provato è già il delitto:
Non fia ch'esse cancellino
quanto giustizia ha scritto;
esempio sol dannabile
sarebbe la pietà.
PISANA e DAME: (ai Consiglieri)
Quelle innocenti lagrime
muovano il vostro core;
in voi clemenza ispirino,
ne plachino il rigore;
di pace come un'iride
qui brilli la pietà.
DOGE:
(Non ismentite, o lagrime,
la simulata calma:
A ognuno qui nascondasi
l'affanno di quest'alma . . .
Ne' miei nemici infondere
non potria la pietà)
LOREDANO:
Parta . . . perché ancor s'esita?
Parta lo sciagurato.
LUCREZIA:
La sposa, i figli seguano,
dividano il suo fato . . .
JACOPO:
Ah sì . . .
LOREDANO:
Costor rimangano:
La legge omai parlò.
(Toglie i figli dalle braccia di Jacopo e li consegna ai Commandadori)
JACOPO: (al Doge)
Ai figli tu dell'esule
sii padre e guida almeno . . .
Tu li proteggi . . .
DOGE:
(Misero!)
JACOPO:
Vedi, al sepolcro in seno,
illagrimata polvere
fra poco scenderò.
DOGE, LOREDANO, e CONSIGLIERI:
Parti . . . t'è forza cedere:
la legge omai parlò.
LUCREZIA, PISANA, BARBARIGO e DAME:
Affanno più terribile
in terra chi provò?
CORO I:
Che più grave; si tarda?
CORO II:
Affrettisi ormai questa partenza.
CORO I:
Inulte l'ombre fremono,
ne accusan d'indolenza.
CORO II:
Parta l'iniquo Foscari . . .
Ucciso egli ha un Donato.
CORO I:
Per istranieri principi
l'indegno ha parteggiato.
TUTTI:
Non fia che di Venezia
ei sfugga alla vendetta . . .
Giustizia incorruttibile
non fia qui mai negletta!
Baleni, e come folgore
punisca il traditor;
mostri ai soggetti popoli
un vigile rigor.
O Doge entra seguido pelo filho que continua a protestar a sua inocência. Mas o Doge não o escuta. Aparece em seguida Lucrezia que traz consigo os filhos numa última tentativa de obter clemência. Mas a clemência não é concedida.
DOGE:
O patrizi . . . il voleste . . .
eccomi a voi . . .
Ignoro se il chiamarmi ora in Consiglio
sia per tormento al padre,
oppure al figlio;
ma il voler vostro è legge . . .
Giustizia ha i dritti suoi . . .
M'è d'uopo rispettarne anco il rigore . . .
Sarò Doge nel volto,
e padre in core.
CORO:
Ben dicesti.
Il reo s'avanza . . .
DOGE:
(Dona, o ciel, a me costanza!)
(Jacopo entra fra quattro custodi)
LOREDANO:
Legga il reo la sua sentenza.
(Dà una pergamena al Fante, che la consegna a Jacopo, il quale legge)
Del consiglio la clemenza
or la vita ti donò.
JACOPO: (restituisce la pergamena)
Nell'esilio io morrò . . .
Non hai, padre, un solo detto
pel tuo Jacopo reietto?
Se tu parli, se tu preghi,
non sarà chi grazia neghi . . .
Pregar puoi; sono innocente;
il mio labbro a te non mente.
CORO:
Non s'inganna qui la legge,
qui giustizia tutto regge.
DOGE:
Il Consiglio ha giudicato;
parti, o figlio, rassegnato.
(S'alza, tutti lo imitano)
JACOPO:
Mai più dunque ti vedrò?
DOGE:
Forse in cielo, in terra no.
JACOPO:
Ah, che di'? Morir mi sento.
LOREDANO: (ai custodi che gli si pongono al fianco, e si avviano)
Da qui parta sul momento.
(Lucrezia Contarini si presenta sulla soglia coi due figli, seguita da varie dame sue amiche e dalla Pisana)
LUCREZIA:
No . . . crudeli!
JACOPO:
Ah, i figli miei!
(Corre ad abbracciarli)
DOGE, BARBARIGO, CONSIGLIERI e FANTE:
(Sventurata! . . . Qui costei!)
LOREDANO, DOGE, BARBARIGO, CONSIGLIERI:
Quale audacia vi guidò?
JACOPO:
Miei figli! Miei figli!
(Prende i due fanciulli piangenti, e li pone in ginocchio ai piedi del Doge)
Queste innocente lagrime
ti chiedono perdono . . .
A lor m'unisco, e supplice
a' piedi del tuo trono,
padre, ti grido, implorami,
concedimi pietà.
LUCREZIA: (ai Consiglieri)
O voi, se ferrea un'anima
non racchiudete in petto,
se mai provaste il tenero
di padri e figli affetto,
quelle strazianti lagrime
vi muovano a pietà.
BARBARIGO: (a Loredano)
Ti parlin quelle lagrime,
o Loredano, al core;
quei pargoli disarmino
l'atroce tuo furore;
almeno per quei miseri
t'inchina alla pietà.
LOREDANO: (a Barbarigo)
Non sai che in quelle lagrime
trionfa una vendetta,
che qual rugiada scendono
al cor di chi l'aspetta,
che per gli alteri Foscari
sentir non vo' pietà?
CONSIGLIERI: (alle dame)
Son vane ora le lagrime;
provato è già il delitto:
Non fia ch'esse cancellino
quanto giustizia ha scritto;
esempio sol dannabile
sarebbe la pietà.
PISANA e DAME: (ai Consiglieri)
Quelle innocenti lagrime
muovano il vostro core;
in voi clemenza ispirino,
ne plachino il rigore;
di pace come un'iride
qui brilli la pietà.
DOGE:
(Non ismentite, o lagrime,
la simulata calma:
A ognuno qui nascondasi
l'affanno di quest'alma . . .
Ne' miei nemici infondere
non potria la pietà)
LOREDANO:
Parta . . . perché ancor s'esita?
Parta lo sciagurato.
LUCREZIA:
La sposa, i figli seguano,
dividano il suo fato . . .
JACOPO:
Ah sì . . .
LOREDANO:
Costor rimangano:
La legge omai parlò.
(Toglie i figli dalle braccia di Jacopo e li consegna ai Commandadori)
JACOPO: (al Doge)
Ai figli tu dell'esule
sii padre e guida almeno . . .
Tu li proteggi . . .
DOGE:
(Misero!)
JACOPO:
Vedi, al sepolcro in seno,
illagrimata polvere
fra poco scenderò.
DOGE, LOREDANO, e CONSIGLIERI:
Parti . . . t'è forza cedere:
la legge omai parlò.
LUCREZIA, PISANA, BARBARIGO e DAME:
Affanno più terribile
in terra chi provò?
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